Ebbene sì, l’abito - spesso - fa il monaco. E, nella magia del palcoscenico, può trasformare una contadina in dama, un lord in mascalzone, un morto in vivo. E viceversa. Basta indossare nuove vesti. Appropriarsi dell’essenza dell’Altro. In sintesi, lasciarsi trasportare dal fascino del cambiamento. In primis, estetico. Magie dei costumi teatrali. E di chi li crea.
Emanuela Soffiantini, anima de “La Compagnia delle Muse” con il marito Luciano Sperzaga, è attrice, regista e costumista. La sua casa, nel cuore di Cremona, è anche un laboratorio. Dove i copioni si mescolano ai libri di storia della moda, i dettagli delle scenografie non possono prescindere da un accurato studio dei costumi. Perché sono i dettagli a fare davvero la differenza. Dal laccio delle scarpe alla forma del cappello.
La passione per la moda è stata una costante di Emanuela sin dalla giovane età. «Erano gli Anni ‘70 e cominciavo a confezionare le prime minigonne per me e qualche amica - confessa con un sorriso -. Quando poi ho conosciuto mio marito, Luciano, mi sono avvicinata al teatro. E da lì la passione è esplosa». Soffiantini non si è più limitata alle creazioni in famiglia, per i figli Letizia e Lorenzo, ma ha iniziato a prendere seriamente in considerazione l’idea di cimentarsi negli abiti di scena.
Da autodidatta, animata dall’amore per lo studio e la lettura di volumi specializzati, si è lanciata nella nuova avventura. Acquistando stoffe e tessuti, bottoni e pizzi. Curiosando tra i mercatini, passando in rassegna negozi di tappezzeria, mercerie, mostre.
Ovunque, per Emanuela, c’è un’occasione d’ispirazione. Ma soprattutto, curiosità e passione fanno la differenza. Con piglio creativo, certo, ma soprattutto con estrema fedeltà storica e filologica.
«Ho approfondito le mode, sia maschili sia femminili, relative a tutte le epoche storiche. Ho attinto a mercatini e biblioteche non solo di livello nazionale ma anche internazionale - prosegue Emanuela -, sono andata alla ricerca di cartamodelli originali, figurini e disegni dell’epoca. Grazie anche a mio figlio Lorenzo, che ha studiato all’Accademia di Belle Arti, ho recuperato volumi di decenni ed epoche differenti legati alla costumistica. E mi sono creata una vera e propria biblioteca personale». Tanto che Soffiantini ha una conoscenza precisa e accurata di ogni minima variazione di stile: «Basti pensare alla forma di una manica, al taglio di una gonna o all’inclinazione di un cappellino, che, anche nell’arco di una stessa epoca, cambiano da un ventennio a un altro».
Emanuela ha creato centinaia di costumi, legati ai ruoli più disparati. Non solo per la sua compagnia ma anche per la messa in scena di numerose opere, tra cui “Le nozze di Figaro” per il Teatro Magnani di Fidenza, “Il Barbiere di Siviglia” per il Teatro Verdi di Buscoldo (Mantova) e per il Circolo Lirico Mayr-Donizetti di Bergamo, “L’elisir d’amore” per il Teatro Verdi di Buscoldo e altre rappresentazioni organizzate dagli “Amici della Lirica”. Anche cappelli, gioielli e accessori sono realizzati ad hoc.
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