Ripensare a quei giorni interminabili trascorsi in ospedale per far fronte all’emergenza Covid, ai lutti, alle sofferenze, mentre la pandemia dilagava, gioca ancora un ruolo emotivamente impattante. I ricordi riemergono come fantasmi. Lo si capisce dal tono e dalle parole con cui la dottoressa Monia Betti, direttrice dell’Unità Operativa di Pneumologia dell’ASST di Cremona, ripercorre quella drammatica esperienza.
Dottoressa, cosa più l’ha colpita di quel periodo?
«Sono stati giorni molto difficili. Nessuno di noi era preparato ad affrontare una patologia completamente sconosciuta, complessa, con complicanze di ogni tipo e senza terapie certe. È stato veramente frustrante per noi medici. Abbiamo capito dopo che, per migliorare e guarire dal Covid, ci voleva tanto tempo: non era un’infezione come l’influenza cui eravamo abituati…
Ricordo la solitudine dei pazienti, che non potevano ricevere visite e non potevano usare il cellulare, perché erano connessi alla ventilazione; ma anche mi torna alla mente l’angoscia dei familiari, un’angoscia accresciuta dalla distanza. In una precisa fascia oraria, ogni giorno, un medico veniva dedicato esclusivamente al colloquio telefonico con i parenti. Coi colleghi c’è stata sempre una grande collaborazione, era come se fossimo stati un unico grande reparto, in cui si lavorava insieme per cercare di far migliorare i pazienti e questo ha portato ad ottimi risultati. Della resilienza non è neppure necessario parlare: non contavamo più nemmeno le ore di lavoro, tanto era il da fare.
Ricordo anche la grande solidarietà, che abbiamo ricevuto da Cremona, dalle persone, dalle aziende, che hanno manifestato tutte un grande affetto per questo Ospedale: chi ha fatto delle donazioni per consentirci di acquistare strumenti, chi ci portava generi di ogni tipo, chi telefonava per ringraziare,… E, mi creda, sentire il sostegno e la fiducia della cittadinanza serve a chi lavora, ha un valore inestimabile». ...
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