La rivincita delle piccole città. Da riscoprire, valorizzandole. Una tendenza già in atto da qualche tempo che ha subìto un’accelerazione con la pandemia: rispetto ai grandi centri e alle metropoli, possono offrire una migliore qualità urbana e un vivere più a misura d’uomo. C’è un però. Il binomio “piccolo” e “bello”, non è sufficiente: a quel “piccolo”, infatti, si chiede di evolversi, di trasformarsi in un luogo anche dinamico e attrattivo per i giovani e le giovani famiglie, con servizi adeguati alle nuove esigenze, meglio ancora se inseriti in un disegno più ampio e con una regia pubblica. Questo è uno dei temi di “Pensare la città. Cremona, visioni e progetti di una città in trasformazione”, il convegno che si terrà martedì 19 marzo a Palazzo Affaitati. A moderare il dialogo sarà Silvia Botti (One Works Foundation). Cremonese d’origine (il padre è di Casalmaggiore), dopo la laurea in Architettura si è dedicata alla comunicazione, specializzandosi nel campo del design, del progetto e dello sviluppo urbano. «Cremona - dice - è una città che frequento fin da bambina e che ho visto cambiare negli anni, pur mantenendo un livello della qualità della vita assolutamente eccellente. Una città con un glorioso passato ma che mi pare stia combattendo bene per il proprio presente e per il futuro, avendo riscoperto anche una vocazione universitaria....».
L’incontro rientra nel progetto “Giovani in Centro”. Cosa deve fare una città per essere a misura di giovani?
«Deve creare le condizioni affinché i giovani possano viverci bene. In fondo, i loro sono bisogni base, primari. Chiedono di studiare e di lavorare per dare il via ai propri percorsi di vita. Quindi buone università e buoni posti di lavoro, ma anche soluzioni abitative alla loro portata, con particolare attenzione ai prezzi. Si potrebbe parlare di una fertilità complessiva del territorio: spazi dove poter studiare, lavorare, incontrarsi, luoghi nei quali far succedere cose interessanti. Questa è la vera sfida: rendere le piccole città non solo belle ma anche vivaci, città nelle quali ci sia spazio per l’imprenditoria giovanile e che in qualche modo ne siano generatrici, altrimenti i giovani se ne vanno...».
«Discorso analogo vale per le Università. La bontà dell’ambiente universitario passa non solo dalla qualità dell’insegnamento e dal rapporto tra numero di docenti e di studenti ma anche dai campus, da come si vive al loro interno e da che tipo di scambi riesci a instaurare con il territorio circostante, per esempio attraverso i tirocini. Una cosa è certa, le piccole università stanno (...)».
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