Terza tappa del viaggio di analisi e approfondimento dell’Annuario Statistico di Cremona che raccoglie e analizza i dati e fotografa come sta evolvendo il nostro territorio e la comunità che lo abita. Sul numero di questa settimana ci occupiamo di un altro capitolo strategico: economia e lavoro.

Questo documento è il risultato del lavoro congiunto dell’Ufficio Statistica del Comune di Cremona, dell’Ufficio Statistica della Provincia di Cremona e dell’Ufficio Statistica e Studi della Camera di Commercio di Cremona, che insieme costituiscono il Coordinamento Territoriale per la funzione statistica così come definito nel protocollo d’intesa sottoscritto tra gli Enti finalizzato a favorire lo scambio, l’elaborazione e la produzione di dati. I dati considerati si riferiscono all’anno precedente e sono prodotti per lo più dall’ISTAT. Tuttavia, si fa anche ricorso a fonti interne, nonché ad altre esterne liberamente utilizzabili.
L’annuario di quest’anno mostra dati ed evidenze che risentono per il secondo anno consecutivo degli effetti della emergenza sanitaria da Covid-19. Evidenzia pertanto i cambiamenti intervenuti nella struttura demografica della nostra città, ma anche gli effetti sul suo sistema economico e sull’ecosistema culturale, sociale ed ambientale in cui i cremonesi si sono trovati a vivere nell’ultimo biennio.
La diffusione del virus ha innescato un’enorme ondata di incertezza. Le incertezze circondano quasi tutti gli aspetti: la contagiosità, la prevalenza e la letalità del virus; la capacità dei sistemi sanitari di affrontare una sfida straordinaria; la durata e l’efficacia dell’allontanamento sociale, del blocco dei mercati e di altre strategie di mitigazione e contenimento. Altre preoccupazioni socio-economiche si riferiscono all’impatto economico a breve termine della pandemia e delle risposte politiche, e in particolare alla resilienza dei sistemi locali quando la pandemia si ritirerà; alla persistenza o meno di interventi e politiche governative “temporanee”; alla misura in cui persisteranno i cambiamenti nei modelli di spesa dei consumatori indotti dalla pandemia; all’impatto sulla sopravvivenza delle imprese e a tutti i fattori che influenzano la produttività a medio e lungo termine (investimenti, studi e ricerche, etc.).
I dati sull’economia italiana sono stati immediatamente negativi. Fin da subito, e poi alla fine di ciascun anno pandemico, si è registrata una netta flessione del PIL, dovuta per lo più al crollo della domanda interna e in particolare dei consumi. La crisi ha avuto ricadute sull’attività economica globale, sulla diminuzione delle esportazioni, sul calo degli afflussi turistici, sulla riduzione della mobilità, sulla contrazione dei consumi e sul calo degli investimenti delle imprese.
Ha poi avuto effetti territoriali differenziati. La crisi è risultata infatti più accentuata nel Nord Italia, economicamente più strutturato, ma anche più duramente colpito dalla prima ondata dei contagi. Secondo i dati forniti dal Centro Studi Sintesi, il PIL della Lombardia nel 2020 è diminuito del 9,4%, i consumi dell’11,3% e gli investimenti del 9,1%. I posti di lavoro sono calati di 77 mila unità, pari a -1,7% rispetto al 2019. Durante il periodo di pandemia hanno sofferto particolarmente quelle imprese operanti nei settori non essenziali che, per decreto, hanno dovuto interrompere la loro attività. Tra queste, le imprese che operano nel settore del commercio (di beni non essenziali) e del turismo sono state le più penalizzate.
Gli aiuti e i trasferimenti decisi a livello nazionale hanno in parte limitato gli effetti delle chiusure e delle conseguenti perdite di reddito. Nonostante la loro erogazione, però il reddito delle famiglie è diminuito di quasi tre punti percentuali. Non vale lo stesso per il risparmio...

Valentina Cattivelli
Ricercatrice e EU Project Manager

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