Il futuro «è l’elettrico», ma il presente chiede all’Italia di recuperare il gap che la distanzia da tanti altri Paesi europei nella produzione di energie rinnovabili. E ancora: il nostro Paese soffre la dipendenza energetica dall’estero ma ha un primato indiscusso nell’economia circolare. Il merito è soprattutto (non solo) di quelle imprese che – «come Arvedi» – sono collegate al territorio in cui operano, lo valorizzano, ne stimolano lo sviluppo facendo leva sulle sue peculiarità. Di questo, e di tanto altro, si parla in questa intervista a Ermete Realacci, presidente di Fondazione Symbola, nata per la “promozione e la diffusione delle qualità italiane”, e presidente onorario di Legambiente, di cui è stato guida per 16 anni.
Realacci, partiamo da una delle tante contraddizioni in cui vive il nostro pianeta nel suo cammino verso la transizione ecologica. La Cina è il primo produttore mondiale di batterie per auto elettriche: dà un contributo concreto all’utilizzo di mezzi a impatto zero. Dall’altra parte, sempre la Cina detiene il record di consumo di carbone. Come si corregge questo controsenso?
«Al di là di ciò che fa la Cina, siamo noi che non dobbiamo più farci scappare filiere fondamentali per il futuro. Il futuro è dell’auto elettrica. C’è poco da dire. A volte perfino in maniera eccessiva, visto l’andamento dei titoli in Borsa: attualmente Tesla vale, da sola, più delle cinque maggiori case produttrici di automobili del mondo messe insieme. Ed è chiaro che c’è un’aspettativa fortissima. Tutto ciò che riguarda la produzione di batterie e di energie rinnovabili non può essere lasciato in mano ad altri. Per questo la notizia che a Termoli sarà impiantata la terza più grande Gigafactory per la produzione di batterie in Europa è da accogliere con soddisfazione. Questi settori devono (...)
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