Carissimi alunni e insegnanti, dirigenti e addetti ai vari servizi necessari alle nostre scuole, di ogni ordine e grado, in questi giorni non si parla che di voi! Immagino che ne siate un po’ felici e un po’ stanchi. Perché non ci dovrebbe essere niente di più normale dell’inizio di un nuovo anno scola stico (ricordo come da piccolo anche io aspettavo il 1° ottobre di ogni anno), ed invece, stavolta, sembra tutto più complicato, decisivo, non solo per voi e per le vostre famiglie, ma per l’intera col lettività, in ogni parte del mondo.
Certo, l’epidemia da coronavirus ci ha fatto sperimentare un grande dolore, ha seminato paura, ci ha chiusi in casa e allontanati gli uni dagli altri, ed è giusto e necessario avere grande prudenza perché il contagio non si diffonda. Anche io vi chiedo di fare tutti la massima attenzione, ogni giorno, con pazienza e amore. Amore a voi stessi e agli altri.
Siete dunque al centro delle preoccupazioni e dei timori, ma anche delle speranze di tutti noi, perché la scuola che riprende dà il ritmo alle giornate di tante famiglie, rimette in moto le vostre menti e i vostri cuori nell’avventura della crescita, e riapre il nostro sguardo sul futuro.
Mi auguro che, anche dopo l’emergenza, la scuola resti al centro delle politiche e degli investi menti economici, della passione e della ricerca del mondo adulto. Ciò è particolarmente necessario in un’Italia che sembra sempre meno fiduciosa e generativa, aperta alla vita e capace di trasmetterla. Se la pandemia ci sta insegnando – come drammatica scuola di vita – che nessuno si salva da solo, questa è una lezione che dobbiamo imparare davvero tutti, rinnovando patti di corresponsabilità e alleanze educative ovunque.
Ai ragazzi ricordo che è bello essere al centro, ma non troppo! Addirittura, il Papa Francesco ci dice che il mondo si vede meglio dalle periferie, dai margini. Per crescere è necessario essere amati e stimati, ma è altrettanto bello e giusto guardarsi intorno per stringere amicizie, per costruire in sieme, per imparare ad amare e servire. Fino alla grande scoperta che “c’è più gioia nel dare che nel ricevere" (Atti 20,35). Il vero campione del centrocampo è quello che sa raccogliere e smistare palloni, lanciare i compagni, fare l’assist decisivo perché chiunque faccia goal, perché tutti facciano tanti goals!
Agli adulti che formano la comunità educante si chiede ancor più umiltà e sapienza, nel dar vita ad una sinfonia di voci e di testimonianze che, invece di sconcertare e dividere le menti degli alunni, possano introdurli alla bellezza della realtà, complessa e misteriosa, ma non abbandonata al caos, al consumo, al capriccio. Se le circostanze odierne ci costringono a riunirci per affrontare le difficoltà, cercare modalità didattiche inedite, sperimentare riassetti dei programmi, ciò può essere un’occasione per rinnovarci ed essere più vivi ed efficaci. Una scuola che si trascina stancamente, in cui ognuno si ritenesse a posto avendo fatto il suo pezzettino di lavoro, non sarebbe affatto frut tuosa.
Cari amici, a tutti voi assicuro che siete al centro della preghiera e dell’affetto della comunità cristiana, la cui tradizione di impegno educativo è testimoniata da oratori che stiamo man mano ria prendo in sicurezza, con l’aiuto di giovani e famiglie che ne saranno da oggi in poi ancor più prota gonisti e responsabili. Non staremo a guardare da lontano cosa accade nella scuola, ma siamo pronti a collaborare con tutti perché anche in questa difficile stagione fiorisca la gioia di diventare uomini e donne significativi. Il Vangelo è la lampada che rischiara ogni buio, e che dilata la fantasia degli educatori cristiani. La generosità di chi opera nelle scuole paritarie di ispirazione cristiana ne è un attestato.
Se il Vescovo può “sbirciare” nel cuore di Dio, può dirvi che siete tutti lì, al centro del suo sguardo paterno, vostra sicura guida in ogni giorno dell’anno scolastico che – tra mille trepidazioni e attenzioni – grazie a Dio, va a cominciare. Nel Suo nome, vi abbraccio e vi benedico.
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