Autorità, Colleghi imprenditori, Signore e Signori, benvenuti alla nostra assemblea.
Diceva il video appena trasmesso che c’è una scintilla che si accende ogni giorno ed è carica di sogni, idee e grandi ispirazioni.
È la scintilla degli imprenditori, della loro creatività senza la quale non esisterebbe rivoluzione industriale.
È proprio per celebrare questa versatilità al cambiamento, la perseveranza alla scoperta ed alla novità, che abbiamo previsto da quest’anno un momento nella nostra Assemblea per conferire un riconoscimento alle imprese che fanno dell’innovazione un loro punto di forza.
D’altronde disse Carlo Cattaneo “non v’è lavoro, non v’è capitale che non cominci con un atto d’intelligenza”.
Agli imprenditori, che sono il tramite naturale verso la società del futuro, al loro impegno, al loro ruolo nel nostro Paese ed a noi, che lo facciamo da Cremona vorrei facessimo un applauso di riconoscimento.
Permettetemi di ringraziare calorosamente l’amico Mario Buzzella e la famiglia Zocchi, che ci ospitano e ci consentono di realizzare la nostra Assemblea all’interno della loro Azienda.
Fin dall’inizio del mio mandato ho voluto fortemente che le nostre Assemblee fossero organizzate all’interno del mondo produttivo.
Ritengo infatti che, già solo mostrando l’attività delle imprese, diamo prova del patrimonio che rappresentano per il nostro Paese.
Ringrazio a nome degli imprenditori cremonesi il Ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda per aver accettato il nostro invito, permettendoci così di ascoltare un’autorevole voce del Governo.
E sappiamo, Ministro, la passione e l’attenzione che Lei riserva al sistema produttivo italiano.
Mi fa molto piacere poter rivedere l’amico Vincenzo Boccia, che ritorna sul nostro territorio con il prestigioso incarico di Presidente di Confindustria.
Caro Vincenzo, a te spetta oggi dare ancora più forza alla nostra Confederazione, da sempre un modello di associazionismo mai autoreferenziale, interessata ad avere un ruolo di stimolo e di indirizzo per i Governi, autonoma dai partiti, ma appassionata di politica economica, capace di portare le ragioni delle imprese al centro dell’agenda del Paese.
Mi piace ricordare come l’Assemblea sia un momento di aggregazione, una forma di partecipazione pubblica con la quale diamo un contributo al dialogo, lanciando lo sguardo oltre la cronaca dei fatti.
Ma credo che le Assemblee del nostro Sistema siano anche un modo per esorcizzare le paure e le ansie che viviamo nella nostra attività d’impresa.
Purtroppo tanti eventi hanno scatenato questi sentimenti negli ultimi anni.
Le crisi economiche, il clima di guerra, gli attacchi terroristici, le tensioni fra i paesi e le derive xenofobe, tutto questo ed altro ancora stanno alimentando un forte senso di smarrimento e soprattutto di insicurezza e con la paura si accentuano le valutazioni sbagliate.
Oggi l’economia mondiale è sotto shock.
Attorno alla decrescita si sviluppano malesseri sociali, egoismi nazionali, sentimenti di chiusura, nei quali si annida il più pericoloso atteggiamento protezionistico, vero nemico dell’interesse comune.
Le paure non vanno sopite ma affrontate e superate.
Queste considerazioni portano immediatamente alla mente i fatti e le sorti della nostra Europa, smarrita e impantanata nell’insicurezza.
Responsabile e al tempo stesso vittima delle sue scelte, il vecchio continente è di fronte ad una svolta storica: o si abbandona alle divisioni ed alla costruzione di muri o, e questa è la speranza, riaccende il fuoco del pensiero innovatore di Spinelli e De Gasperi di una nazione unita in uno stesso destino e soprattutto un vero progetto politico.
Purtroppo il disagio europeo è evidente.
Lo è nella difficoltà a gestire il ruolo della finanza nell’economia; dalla crisi del 2008 abbiamo compreso l’impatto negativo che può avere la finanza, con i suoi strumenti pensati per sostenere lo sviluppo delle economie reali e che, se fuori controllo, possono rappresentare enormi pericoli.
Dinnanzi a questi fatti siamo stati deboli e divisi nelle reazioni. Pericolosi giochi speculativi, in forza della regola “tanto peggio per l’economia, tanto meglio per i mercati”, fanno sì che oggi qualsiasi evento possa essere utilizzato per influenzare le Borse. E dunque nel mirino possono finire debiti sovrani, titoli di stato, titoli bancari, ma anche eventi politici.
L’EUROPA AL BIVIO
Relazione del Presidente, Dott. Umberto Cabini Assemblea Generale – 11 ottobre 2016
La debolezza dell’Europa è resa più evidente dalla gestione dei flussi immigratori e degli sbarchi. È con l’incapacità di una strategia comune che si ricostruiscono anche fisicamente barriere e segnali, che pensavamo di avere rimosso con la caduta del muro di Berlino.
La nostra Europa si mostra altrettanto in difficoltà di fronte ai temi economici.
Lo provano il continuo appello al rigore, le incertezze sull’accordo di libero scambio con gli Stati Uniti, la mancanza di un programma in tema energetico e l’assenza di uno steel compact che restituisca vigore al comparto siderurgico
Non è con questa visione che portiamo avanti un progetto comune. Noi abbiamo bisogno di una Europa che cambi passo e giochi una partita nel mondo.
L’ITALIA CHE FA LA DIFFERENZA
Il Regno Unito, con la sua uscita, ha fatto una scelta che ci ha spiazzati, una scelta difficile, per tanti discutibile, per altri inevitabile, a mio parere fortemente contraria ai principi ispiratori del sogno europeo.
Gli effetti economici saranno differiti nel tempo, certamente con risvolti negativi per gli europei, ma anche per gli inglesi.
Ma il vero punto sarà capire la nostra capacità di reazione.
In questo sforzo l’Italia ha la credibilità per essere leader di una nuova stagione comunitaria, perché non ha mai abiurato al suo credo europeo e resta uno dei principali registi del progetto di unione.
L’uscita britannica accentua peso e responsabilità dell’Italia, che non deve cedere ad un direttorio di Germania e Francia, ma insieme al resto d’Europa dar vita ad una nuova stagione di opportunità.
Il titolo della nostra l’Assemblea è significativo: dobbiamo scacciare tutte le angosce e le paure ricordandoci che il nostro Paese sa fare e può fare la differenza.
Ha in sé tutti quei geni del successo, quelle energie positive che sono ricette indispensabili al nostro rilancio.
Per fare la differenza in Europa dobbiamo fare bene a casa nostra. Dobbiamo concentrarci sulla crescita, quindi nel famoso rapporto deficit/PIL
l’obiettivo è il denominatore.
Per fare aumentare il PIL occorre inaugurare una stagione nuova di grandi cambiamenti.
Il Presidente Boccia l’ha detto molte volte: “siamo il secondo Paese manifatturiero ma potremmo essere il primo se venissero eliminati i deficit competitivi”.
La mia non vuole essere una rituale insistenza, ma non mi stancherò mai di affermare che lo sviluppo industriale è l’unica condizione per rimettere in moto il Paese.
L’industria genera infatti tre quarti delle esportazioni europee e crea un posto di lavoro su quattro nell’ambito privato.
La Germania, gli Stati Uniti, il Giappone, la Turchia, questi ed altri Paesi hanno varato ambiziosi programmi rivolti al miglioramento della competitività industriale.
La Cina, in particolare, si è posta l’obiettivo di diventare il primo Paese manifatturiero del mondo ed ha messo in atto misure e scelte pubbliche per raggiungerlo in tempi particolarmente rapidi.
E noi? Quale sarà la nostra risposta?
L’Italia che saprà fare la differenza sarà quella che riuscirà a favorire un rinnovamento del modello imprenditoriale.
Abbiamo eccellenze produttive che hanno saputo trovare nella qualità, nel rischio, nella silenziosa innovazione quotidiana meccanismi di difesa, e di autorigenerazione.
In questi anni di congiuntura difficile troppe sono state le aziende che hanno ceduto il passo. Tante fortunatamente si sono reinventate.
Forse oggi è il momento di creare in modo sistemico un habitat, un circuito favorevole ad un manifatturiero rafforzato, che possa farci superare il vero nostro limite: quello dimensionale.
Perché non c’è dubbio che essere piccoli deve essere una condizione di passaggio per diventare grandi e non un punto di arrivo.
Oggi si parla moltissimo di Industria 4.0.
È la nostra prossima scommessa, che non deve diventare uno slogan.
È una nuova idea di fabbrica, che in Germania è condivisa da 10 anni e che grazie alla permeazione delle tecnologie, in particolare di quelle digitali, ha permesso grandi risultati in termini di efficienza.
In Germania la rivoluzione tecnologica non è stata condizione di per sé sufficiente, ma ha potuto svolgere appieno i suoi effetti contando su un sistema paese che ha fatto del manifatturiero il suo asset di riferimento.
LA NUOVA INDUSTRIA ITALIANA
Relazione del Presidente, Dott. Umberto Cabini Assemblea Generale – 11 ottobre 2016
L’Italia che saprà fare la differenza dovrà costruire il suo modello di “impresa intelligente” prendendo spunto dagli altri, ma continuando ad esaltare i tradizionali punti di forza, le vocazioni territoriali portandoli da sistemi “chiusi” a moderne filiere.
Le aziende dovranno investire in questo, ma il Paese avrà una grossa responsabilità: decidere di concentrare le risorse sullo sviluppo economico.
Credo non ci sia più spazio per riforme tampone, di breve respiro, ma il ritorno alla crescita è affidato ad un nuovo progetto industriale per l’Italia.
Per far crescere il Paese è il momento di passare dalle riforme alle scelte. E dunque dovremo:
scegliere di riconoscere la politica industriale come strumento di governo dell’economia, cominciando a darne un “senso” costituzionale come altri Paesi hanno fatto o come l’Europa ha fatto nel trattato di Maastricht;
scegliere una politica fiscale di stimolo e non mortificante, che liberi gli investimenti ed i salari e che possa essere un elemento determinante per l’attrazione di capitali dal mondo;
scegliere una svolta imprenditoriale per il sistema pubblico, perché l’unico criterio per una vera funzionalità della Pubblica Amministrazione è legarla alle stesse regole del sistema privato, a cominciare da una definitiva assimilazione della disciplina del diritto del lavoro;
scegliere di qualificare il nostro sistema normativo, non solo intervenendo sulla quantità, ma sulla qualità delle nostre leggi rendendole più semplici e dirette e che non ci obblighino a vivere nelle incertezze;
scegliere una strategia energetica per il Paese, oggi penalizzato da costi insopportabili;
scegliere l’efficienza come parametro per valutare ogni tipo di intervento pubblico, anche ai fini di una coerente azione di spending review. Ciò che non può essere sostenuto, forse è il momento di chiuderlo. Quello che è mal gestito, è il momento di metterlo in discussione.
A Lei, signor Ministro, oggi il grande impegno di riaccendere l’entusiasmo su questi temi e soprattutto di aiutarci ad invertire il triste dato del calo di imprese manifatturiere.
A Lei il merito di aver riaperto - con il Piano Industria 4.0 - una speranza sul futuro, tornando a parlare di politica industriale, magari capace di fermare quel “vento” anti impresa che soffia sull’economia italiana.
A Lei affidiamo l’impegno a darci una visione di medio-lungo termine e promuovere strumenti che permettano al nostro Paese di connettere meglio imprese ed università e ad esaltare le specificità dei nostri territori.
L’Italia ha saputo fare la differenza grazie alle sue tradizioni produttive locali che dovremo saper rilanciare attraverso un’evoluzione del modello distrettuale a quello più aperto dei cluster. Sono infatti convinto che la crescita nazionale è l’affermazione dei territori di cui l’Italia conosce una fantastica vivacità.
CREMONA CHE FA LA DIFFERENZA
Anche Cremona guarda con passione ed ottimismo ad una nuova stagione economica ed è pronta a fare la sua parte perché l’Italia rialzi la testa.
È un territorio che sa esprimere grandi capacità, con una forte inclinazione alla qualità, che sa ritrovare in tutti i settori.
Sappiamo fare bene il nostro lavoro, forse un po’ troppo lontani dai riflettori. Ecco alcuni dati che Vi sorprenderanno:
tra il 2010 e il 2015 l’export manifatturiero cremonese è cresciuto del 20,04%, più di quello della Lombardia al 18,81%;
la provincia di Cremona è la settima in Italia per incidenza dell’export alimentare sul valore aggiunto ed è la seconda provincia italiana per produzione lattiero caseario, con 1.200.000 tonnellate all’anno;
nei comparti del dolce, dei prodotti da forno e del cioccolato possiamo dire di essere di fronte ad un vero piccolo distretto;
Cremona vede nel settore del cioccolato ben 4 aziende tra le prime 30 per importanza, con un export di 70 milioni di euro;
anche nel settore siderurgico Cremona rappresenta un’eccellenza, posizionandosi al quinto posto con un export di 1,185 miliardi di euro nel 2015, pari al 12% dell’intera Lombardia e con una crescita, in questo comparto, del 7% dal 2008 al 2015: la più alta in Italia;
per quanto riguarda la chimica, a Cremona sono 88 le aziende che operano in questo settore e voglio sottolineare che oggi siamo ospitati da quella più importante;
Cremona è anche luogo di bellezza e quindi cosmesi. Il 60% del make-up mondiale è italiano. Il 52% di questa produzione è in Lombardia e a Crema si concentra una presenza molto importante di questa filiera che speriamo, e stiamo lavorando per questo, possa diventare sede di un cluster tecnologico avanzato;
terra di eccellenze anche al di fuori dell’industria e mi riferisco alla liuteria che ci rende unici al mondo per export di strumenti musicali e per una struttura come il Museo del Violino.
Signor Ministro con scelte politiche che sapessero esaltare le nostre potenzialità, e che intervenissero sulle infrastrutture e sull’attrazione degli investimenti, questo territorio diverrebbe un importante driver strategico per tutto il Paese, anche in tema di 4.0.
Sta decollando infatti un Polo Tecnologico, un ambiente ideale per la “contaminazione” digitale, mix tra investimenti pubblici e privati, che darà vita ad un centro per lo sviluppo e la diffusione delle nuove tecnologie, aperto a dialogare con i Digital Innovation Hub previsti dal Governo.
Di queste e molte altre cose è capace Cremona.
Un territorio con grandi potenzialità che come ho dichiarato l’anno scorso dà la disponibilità ad essere un laboratorio fantastico per creare quell’ambiente vicino alle imprese, ed un esempio per l’Italia.
Noi imprenditori auspichiamo un rilancio economico dove i territori e le imprese siano protagonisti. Non chiediamo favori o risorse a fondo perduto, ma meno vincoli ed oneri per poter lavorare meglio.
Cari Colleghi, gentili Ospiti,
ad una quarta rivoluzione industriale dovranno accompagnarsi evoluzioni economiche e sociali.
Occorrerà una formazione 4.0 che insista sulle nuove generazioni e sul futuro delle competenze.
Un sistema del credito 4.0 con banche che sappiano giocare un ruolo attivo nelle dinamiche di sviluppo e dei progetti di investimento.
Saranno necessarie relazioni industriali 4.0 che possano superare gli storici anacronismi per concentrarsi, invece, in maniera costruttiva sullo scambio salario produttività.
Soprattutto il Paese avrà bisogno di una rivoluzione morale che rilanci i valori etici, la trasparenza ed il merito.
Noi crediamo in un Paese che sappia fare la differenza, che sappia cambiare nel profondo.
Deve cambiare la politica perché per risollevare le sorti di un Paese non occorrono decenni: possono bastare pochi anni.
Per farlo, richiamando ancora una frase del Presidente Boccia, “Abbiamo bisogno di confronto e non di conflitto”.
Come è necessario che si recuperi il senso ed il rispetto per le istituzioni, altrettanto è indispensabile che queste siano consapevoli delle loro responsabilità tenendo sempre ben presente il bene comune.
Devono cambiare anche le amministrazioni locali che vorremmo vedere più collaborative ed aperte al confronto, con visioni di ampio respiro e soprattutto, all’alba di una riforma delle aree vaste, in grado di superare gli scontri di campanile.
L’Italia sa fare la differenza: lo dimostra tutti i giorni.
Sappiamo fare la differenza nella qualità dei prodotti.
Possiamo fare la differenza nell’arte e nel turismo.
Il 70% del patrimonio culturale mondiale è qui: in un Paese 30 volte più piccolo di USA e Cina.
Abbiamo saputo dimostrare la nostra forza nell’organizzare un’esposizione mondiale, che ha mobilitato il pianeta sulla nostra capacità agroalimentare.
Ma questo è anche un Paese che sa dimostrare la sua grandezza nei momenti più difficili e lo testimonia il cuore degli italiani tutti uniti e solidali nelle triste vicende del terremoto.
Allora dimostriamo di saper fare la differenza migliorando il Paese, dando al nostro futuro una svolta morale e culturale.
A pochi chilometri da qui Adriano Olivetti aveva costruito un grande complesso industriale.
E proprio Olivetti aveva scritto: “Abbiamo portato in tutti i villaggi le nostre armi segrete: i libri, i corsi, le opere dell’ingegno e dell’arte. Noi crediamo nella virtù rivoluzionaria della cultura che dona all’uomo il suo vero potere”.
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