Non è l’antro di in moderno stregone, ma poco ci manca. Forse ricorda di più un laboratorio di analisi mediche, anche se i pazienti in questo caso sono i violini. Le apparecchiature e le metodologie utilizzate in fondo sono le stesse degli esseri umani. Ed il suono del violino non è forse quello che più di tutti assomiglia alla voce umana? Non stupiamoci allora se microscopi, radiografie ed endoscopie trovino le stesse applicazioni su una cassa armonica di quelle che avrebbero su un torace umano. «In effetti è la prima volta che in Italia si utilizza uno studio diagnostico per gli strumenti musicali - spiega il professor Marco Malagodi, coordinatore dell’attività di ricerca - la prima volta che si lavora su strumenti con la messa a punto di una procedura scientifica ed anche la prima volta che un laboratorio di questo tipo è inserito all’interno di un museo».
In questa prima fase si sta effettuando la taratura delle apparecchiature diagnostiche. «Per questa sperimentazione i violini ci vengono prestati da privati, si tratta della fase iniziale di protocollo e analisi per potere mettere a punto la procedura. Si tratta di strumenti di medio valore, poi però si inizierà a lavorare sulla collezione». Sarà senza dubbio questa la fase più delicata ed emozionante, quando si potrà veramente entrare nello strumento, sentirlo palpitare e vibrare a distanza di centinaia d’anni. E sarà probabilmente la prima volta che un violino storico verrà sottoposto ad un check-up completo per verificarne lo stato di salute.
Gli strumenti diagnostici sono ultrasofisticati. Si parte con uno stereomicroscopio per effettuare gli ingrandimenti della superficie del violino, ingrandendo i singoli dettagli in modo da valutarne l’eventuale alterazione e il degrado. Una macchina fotografica ad altissima definizione consente di mappare perfettamente lo strumento. Per verificare lo stato di conservazione e l’eventuale presenza di attacchi da parte di insetti xilofagi si utilizza un sistema di radiografie a raggi X che elabora una caratterizzazione del violino e per studiarne l’interno della cassa armonica niente di meglio che un endoscopio con fibra ottica e testa snodabile, come quelli utilizzati negli interventi chirurgici non invasivi.
Il lavoro diagnostico in questo caso è finalizzato ad individuare le cure da praticare per interventi di tipo conservativo e restaurativo. Per studiare invece la composizione delle vernici, capirne il tipo e individuarne il protettivo esiste lo spettrometro a infrarosso. Per verificare l’esistenza di parti metalliche e indentificare il componente presente, che sia ferro, piombo o cromo si utilizza la fluorescenza a raggi X ed infine, se dopo tutti questi esami e la massa di dati raccolti, si volesse digitalizzare lo strumento il laboratorio è dotato di un laser scanner per modelli in 3D che può effettuare una copia fedele all’originale nell’ordine di una decina di micron.
Si tratta di un lavoro che può rivestire un’estrema importanza per i liutai. Lo studio del passato e della storia per riutilizzare questi elementi in chiave moderna. Due i giovani laureati impegnati nel laboratorio con Marco Malagodi: Tommaso Rovetta, laureato in Scienze e Tecnologie per i Beni Archeologici ed Artistici presso l’Università degli Studi di Padova e Claudia Invernizzi, laureata in Scienze per la Conservazione e il Restauro presso l’Università degli Studi di Parma.
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